Aurelio Paradiso
LE TRE P
Dopo l’operazione interforze a Caivano con 400 unità impegnate e 76 perquisizioni, il Ministro dell’Interno, prefetto Matteo Piantedosi, così risponde a un giornalista sul modo di uscire dalla attuale spirale di violenza:
Se ne esce con una sempre maggiore presenza dello Stato non solo sul piano del presidio della sicurezza e della legalità ma anche con risposte sul piano sociale, educativo, culturale, delle infrastrutture sportive. La violenza giovanile va contrastata, oltre che con una sempre più efficace azione di prevenzione e di repressione, sul piano della formazione di un compiuto senso civico che preveda l’affermazione del rispetto delle regole e della persona umana («Il Messaggero», 06.09.2023).
Bene l’intervento, benissimo l’intervista.
Sono buone intenzioni che chi ha operato nel Servizio sociale ascolta, sempre con rinnovata speranza, fin dagli anni Cinquanta.
Per i minori lo Stato già investe una parte notevole delle sue risorse, basti pensare alla scuola.
È una fascia d’età privilegiata rispetto alle altre che, dopo la scuola dell’obbligo, non trovano nelle strutture pubbliche occasione di partecipazione e di educazione permanente.
Ma la considerazione è anche un’altra: se non cresce la comunità nel suo complesso i risultati non possono che essere parziali e temporanei. Tutti desiderano trovare inedite soluzioni. Eppure vi sono esperienze che ancora oggi costituiscono esempi validissimi come quello dei Centri sociali che dal 1952 al 1972 hanno fornito risultati di innegabile efficacia.
Di questi spesso vengono citati enti e personalità che si sono distinti nello specifico campo con l’azione e il pensiero: tra i tanti gli enti impegnati nel Programma Cassa per il Mezzogiorno-FORMEZ e Adriano Olivetti.
Volendo dare un contributo, viene alla mente il consiglio ai suoi allievi di un professore di scienze politiche: «Qualunque cosa facciate nella vita ricordate sempre le tre P: prevedere, prevenire, provvedere». Un pensiero operativo che implica però strategie di lavoro che non si improvvisano. Come operare dunque?
Il discorso sarebbe troppo lungo e le storie scritte già tante (basterebbe consultare le due riviste delle illustrazioni).
Tra tutte mi limito a quella che può incidere per la maggior completezza. È nata proprio a Latina durante il convegno nazionale del 12-30 ottobre 1985 dove, sulla base delle esperienze maturate in provincia dal 1961 al 1972, è stato definito il Sistema di servizi socio culturali così articolato:
a) Attrezzature culturali principali e specializzate, prevalentemente pubbliche (teatro, auditorium, orchestra stabile, museo, archivio storico, biblioteca, fototeca, cineteca, centro di documentazione ed altre organiche raccolte di prodotti culturali e di mass-media) coordinate tra loro. Esse, oltre a fornire servizi all'utenza tradizionale (studenti, studiosi, ricercatori) dovrebbero svolgere il compito proprio di sedi centrali di sistemi comprensoriali o cittadini, con catalogazione ed altri servizi centralizzati, destinate ad irradiare beni culturali ed attività nel territorio di competenza, sulla base di ricerche e di conseguenti progetti impostati d'intesa con le attrezzature culturali di base e con i servizi scolastici e sociali.
b) Attrezzature culturali di base (Centri di promozione culturale, Centri socioculturali o autonomamente intesi o inquadrati in Centri polivalenti) che costituiscano punti di irradiazione dei beni e delle attività fornite dalle attrezzature culturali principali, terminali di circuiti informativi riguardanti tutti i problemi di prevalente interesse sociale, osservatori permanenti del territorio e di programmazione in campo socioculturale d'intesa con la Scuola, i Servizi sociali e le formazioni di base in cui si aggrega il volontariato, sedi di partecipazione reale dei cittadini e di riunione dei Consigli Circoscrizionali dove esistono, laboratori di produzione culturale.
Solo considerando le tre P come anelli di una stessa catena sarà possibile arrivare a «provvedere» con esiti più proiettati verso il futuro.
Lo studio preliminare e le metodologie professionali correttamente applicate implicano risorse e capacità e soprattutto un lavoro dietro le quinte, non appariscente.
La drammatica situazione attuale impone chiaramente una svolta decisiva.
Il Sistema di Latina è una proposta e va confrontata con altre eventuali.
Ma una scelta va fatta.
Latina ha indicato fin dal 1985 una delle possibili strade da seguire.